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210 saggio storico


Parlando di Scotti, la mia memoria mi rammenta il virtuoso vescovo di Vico, il rispettabile prelato Troise, e chi no? Figli della patria! la vostra memoria è cara, perché è la memoria della virtú. Verrá, spero, quel giorno in cui, nel luogo istesso nobilitato dal vostro martirio, la posteritá, piú giusta, vi potrá dare quelle lodi che ora sono costretto a chiudere nel profondo del cuore e, piú felice, vi potrá elevare un monumento piú durevole della debole mia voce1.



LI


CONCLUSIONE


Il re, Strascinato da’ falsi consigli, produsse la rovina della nazione. I suoi ministri o non amavano o non curavano la nazione: dovea perciò perdersi, e si perdette. I repubblicani, colle piú pure intenzioni, col piú caldo amor della patria, non mancando di coraggio, perdettero loro stessi e la repubblica,

  1. Per riunire sotto un colpo di occhio tutto il male che in Napoli ha prodotta la controrivoluzione, basterá fare il seguente calcolo: Ettore Carafa, Giovanni Riari, Giuliano Colonna, Serra, Torella, Caracciolo, Ferdinando e Mario Pignatelli di Strongoli, Pignatelli Vaglio, Pignatelli Marsico son della prima nobiltá d’Italia; e venti altre famiglie nobili al pari di queste sono state quasiché distrutte. Tra le altre non vi è chi non pianga una perdita. La rivoluzione conta trenta in quaranta vescovi, altri venti in trenta magistrati rispettabili per il loro grado e piú per il loro merito, molti avvocati di primo ordine ed infiniti uomini di lettere. A quelli che abbiamo nominati si possono aggiugnere, tra’ morti, Falconieri, Logoteta, Albanese, De Filippis, Fiorentino, Ciaia, Bagni, Neri... La professione medica pare che sia stata presa di mira dalla persecuzione controrivoluzionaria. Sará un giorno oggetto di ammirazione per la posteritá l’ardore che i nostri medici aveano sviluppato per la buona causa. I giovani medici del grande ospedale degl’Incurabili formavano il «battaglione sacro» della nostra repubblica. Io non parlo che della capitale. Eguale e forse anche piú feroce è stata la distruzione che gli emissari della Giunta, sotto nome di «visitatori», han fatta nelle province. Si possono calcolare a quattromila coloro che sono morti per furore degl’insorgenti, come l’infelice Serao vescovo di Potenza, uomo rispettabile per la sua dottrina e per lo suo costume; il giovine Spinelli di San Giorgio... Tutti gli altri erano egualmente i migliori della nazione. Dopo ciò, si calcoli il danno. La nazione potrá rimpiazzar gli uomini, ma non la coltura. Ed è forse esagerata l’espressione di esser essa retroceduta di due secoli?