Pagina:Cuoco - Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799, Laterza, 1913.djvu/221

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li - conclusione 211

e caddero colla patria, vittime di quell’ordine di cose, a cui tentarono di resistere, ma a cui nulla piú si poteva fare che cedere.

Una rivoluzione ritardata o respinta è un male gravissimo, da cui l’umanitá non si libera se non quando le sue idee tornano di nuovo al livello coi governi suoi; e quindi i governi diventano piú umani, perché piú sicuri; l’umanitá piú libera, perché piú tranquilla; piú industriosa e piú felice, perché non deve consumar le sue forze a lottare contro il governo. Ma talora passano de’ secoli e si soffre la barbarie, prima che questi tempi ritornino; ed il genere umano non passa ad un nuovo ordine di beni se non a traverso degli estremi de’ mali.

Quale sará il destino di Napoli, dell’Italia, dell’Europa? Io non lo so: una notte profonda circonda e ricopre tutto di un’ombra impenetrabile. Sembra che il destino non sia ancora propizio per la libertá italiana; ma sembra dall’altra parte che egli, col nuovo miglior ordine di cose, non ne tolga ancora le speranze, e fa che gli stessi re travaglino a preparar quell’opera che con infelice successo hanno tentata i repubblicani. Forse la corte di Napoli, spingendo le cose all’estremo, per desiderio smoderato di conservare il Regno, lo perderá di nuovo; e noi, come della prima è avvenuto, dovremo alla corte anche la seconda rivoluzione, la quale sará piú felice, perché desiderata e conseguita dalla nazione intera per suo bisogno e non per solo altrui dono.

Queste cose io scriveva sul cader del 1799, gli avvenimenti posteriori le hanno confermate. La corte di Napoli ha prodotto un nuovo cangiamento politico; e questo, diretto da altre massime, può produrre nel Regno quella felicitá che si sperò invano dal primo.

Dal 1800 fino al 1806 abbiamo veduto la corte di Napoli seguir sempre quelle stesse massime dalle quali tanti mali eran nati; la Francia, al contrario, cangiar quegli ordini, da’ quali, siccome da ordini irregolarissimi, nessun bene e nessuna durevolezza di bene poteva sperarsi; e si può dire che alla nuova felicitá, che il gran Napoleone ora ci ha data, abbiano egualmente