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332 rapporto al cittadino carnot


Il governo, prevedendo sí fatta catastrofe, avea destinata una spedizione. Ma, essendovi insorta una briga riguardo al comando tra Federici, Francesco Pignatelli e Matera, non solo non si andò innanzi, ma si rinculò; ed i nemici si avanzarono, fecero rapidi progressi e consumarono tutto sotto i loro passi incendiari. Allora l’oscillazione controrivoluzionaria fu piú forte e piú estesa.

Schipani e Muscari combatterono come leoni alla testa delle loro colonne nella Torre dell’Annunziata, ma inutilmente, giacché le loro falangi erano poco numerose. Sicché Ruffo penetrò sino alle porte di Napoli, non abbandonando mai il sistema di distruzione. Il numero de’ disgraziati, che in quell’epoca furono divorati dalla rabbia degl’insorgenti, è incalcolabile; come lo è eziandio quello degli altr’infelici, che per lo appresso sono stati sacrificati ne’ dipartimenti dalla ferocia degl’inquisitori di Stato.

p. 292, v. 26. Se Méjan soccorreva allora i repubblicani, la causa della nostra libertá sarebbe stata guadagnata. Bastava il solo nome francese a spargere il terrore nella vile anima del ladro insorgente. Al semplice suono della tromba repubblicana, il nemico si sarebbe certamente dato alla fuga. Altronde, i patrioti, mossi dalle molle della bravura del soldato francese, si sarebbero vie piú incoraggiati, e l’ostinatezza del coraggio sostenuto dal numero avrebbe fissata la vittoria sotto la bandiera tricolore. Né si dovea temere delle province, giacché vi erano penetrate le leggi dell’abolizione de’ feudi, del testatico, delle gabelle, ecc.; leggi che Macdonald, non si sa per qual politica, avea prima proibito di promulgare. Per queste sagge ma tarde disposizioni, tutti quei popoli, che l’idra feudale a cento teste divorava, cantavano inni di gloria e colmavano di benedizioni il nuovo governo. Se dunque in quell’ epoca opportuna si fossero riportati i sospirati trofei, tutte le anime sarebbero state elettrizzate dal genio della libertá, e l’impero della repubblica si sarebbe fondato.

p. 294, v. 15. Fra le tante altre sono degne di essere nominate la madre de’ fratelli Serra, la madre e la sorella di Ettore Carafa, la cittadina Laurent-Prota, mia grande amica, la Sanfelice, la Fasulo, ecc.

p. 296, v. 3. Il primo, che innalzò lo stendardo dell’eroismo, fu Francesco Martelli. Costui, quando vide che il forte non potea