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a tutti; ed egli sorrideva. E lo portaron così fino alla cantonata dove s’imbatterono in un signore con la barba nera, che si mise a ridere. Il calabrese disse: - È mio padre. - E allora i ragazzi gli misero il figliuolo tra le braccia e scapparono da tutte le parti.



14, marzo

Verso le due il teatro grandissimo era affollato; platea, galleria, palchetti, palcoscenico, tutto pieno gremito, migliaia di visi, ragazzi, signore, maestri, operai, donne del popolo, bambini era un agitarsi di teste e di mani, un tremolio di penne, di nastri e di riccioli, un mormorio fitto e festoso, che metteva allegrezza. Il teatro era tutto addobbato a festoni di panno rosso, bianco e verde. Nella platea avevan fatto due scalette: una a destra, per la quale i premiati dovevan salire sul palcoscenico; l’altra a sinistra, per cui dovevan discendere, dopo aver ricevuto il premio. Sul davanti del palco c’era una fila di seggioloni rossi, e dalla spalliera di quel di mezzo pendevano due coroncine d’alloro; in fondo al palco, un trofeo di bandiere; da una parte un tavolino verde, con su tutti gli attestati di premio legati coi nastrini tricolori. La banda musicale stava in platea, sotto il palco; i maestri e le maestre riempivano tutta una metà della prima galleria, che era stata riservata a loro; i banchi e le corsie della platea erano stipati di centinaia di ragazzi, che dovevan cantare, e avevan la musica scritta tra le mani. In fondo e tutto intorno si vedevano andare e venire maestri e maestre che