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216 aprile

pomo d’argento e le sue iniziali, dicendogli: — La conservi per mia memoria.

Il vecchio tentò di renderla e di prender la sua; ma mio padre era già dentro, e aveva richiuso lo sportello.

— Addio, mio buon maestro!

— Addio, figliolo, — rispose il maestro, mentre il treno si moveva, — e Dio la benedica per la consolazione che ha portato a un povero vecchio.

— A rivederci! — gridò mio padre, con voce commossa.

Ma il maestro crollò il capo come per dire: — Non ci rivedremo più.

— Sì, sì, — ripetè mio padre, — a rivederci.

E quegli rispose alzando la mano tremola al cielo: — Lassù!

E disparve al nostro sguardo così, con la mano in alto.


CONVALESCENZA

20, giovedì.

Chi m’avrebbe detto quando tornavo così allegro da quella bella gita con mio padre che per dieci giorni non avrei più visto nè campagna nè cielo! Son stato molto malato, in pericolo di vita. Ho sentito mia madre singhiozzare, ho visto mio padre pallido pallido, che mi guardava fisso, e mia sorella Silvia e mio fratello che discorrevano a bassa voce, e il medico, con gli occhiali, che era ogni momento lì, e mi diceva delle cose che non capivo. Proprio, son stato a un punto dal dare un addio a tutti. Ah povera mia madre! Son passati