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116 Cuore infermo

III.


La contessa alzò gli occhi dal suo libro, guardò un momento Marcello e gli rispose: «buongiorno» malgrado fossero le tre del pomeriggio. Indi ricominciò a leggere; e non si comprendeva come potesse leggere nella penombra di quel salotto, accoccolata in un angolo del divano.

— Leggete un bel libro? — chiese Marcello, dopo averla contemplata per un poco.

— Vecchio, ma buono ancora: La medicina delle passioni, di Descuret.

— Siete appassionata voi, contessa?

— Lo spero.

— Lo spero anch’io.

— E perchè?

— Se lo sapessi, ve lo direi. Ma lo ignoro.

— Siete misterioso oggi, Sangiorgio.

— La colpa è delle rose.

— Credete?

— Certo. Vi sono troppe rose nei giardini, agli angoli delle vie, nelle mani delle fanciulle, sugli altari della Madonna. Questo mi conturba.

— Per fortuna qui non ve ne sono.

— Vi è altro.

— Io, nevvero?

— Forse.

— Non siete amabile, Sangiorgio. Preferisco il vecchio Descuret.

— Scusatemi — disse Marcello, con un accento sincero.