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144 | Cuore infermo |
espansiva. Tutto chiudeva in quel cuore che era la sua vita e la sua morte. Pare che allora vi fosse ancora qualche giovane scettico che non credeva alla passione nel matrimonio. In un modo o nell’altro, donna Luisa Revertera non ebbe fortuna. Ella amava e taceva, era inquieta e taceva, era gelosa e taceva; il cuore le diceva: io sono infermo, io non posso sopportare tutto questo, io ne morirò — ed ella soffocava anche questa voce, camminando al suo destino, chiudendo gli occhi per non vedere la via. Vi pare una storia inverosimile? È vera invece. La notte talvolta, quando le ansietà si accumulavano, il palpito del cuore diventava precipitoso, il respiro si affannava, il volto diventava terreo, le mani si gonfiavano: ella ha dovuto molto soffrire. Dicono che accogliesse molto bene la donna per cui era tradita, che la baciasse anche. Lo credo. Ma mia madre è morta molto giovane, molto giovane, in una notte di maggio.
Egli non seppe pronunciare una parola. D’un tratto sua figlia gli parve cresciuta davanti a lui, divenuta colossale, divenuta la sua coscienza giudicatrice, senza rimproveri, ma senza misericordia. La fissava interrogandola ancora con lo sguardo. Non era tutto, doveva dirgli ancora altro.
— Queste malattie del cuore si ereditano, come la tisi e la follia — riprese ella, lentamente.
E rimase assorbita nel suo pensiero.
— Ebbene, padre mio, io non voglio avere il cuore di mia madre, non voglio morire come lei. Io desidero di vivere lungamente. Così come vivo, la vita mi piace. Mi spaventa l’idea della morte, della tomba, del buio, del freddo. Voglio vivere, lo ripeto. Ho rivestita, da