Pagina:Cuore infermo.djvu/293

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Parte sesta 293

— Mai un minuto, cara Fanny.

— Dio, come me ne consolo! Tanto meglio per lui, per te, per tutti. Ma se te lo diceva io, a Parigi, che unica verità è quella di volersi bene! Te ne ricordi, Beatrice?

— Me ne ricordo e te ne ringrazio.

— Del consiglio? sempre ai tuoi ordini, bellezza. Senti, fossi stata in te, ci sarei ritornata a Parigi.

— E perchè?

— Per riacquistare le impressioni perdute.

— Non importa, abbiamo quelle di Napoli, sono anche fresche e belle.

— Brava, sei tu ora che hai ragione. Infine i viaggi sono belli solo quando comincia la probabilità di annoiarsi; ma quest’anno io non mi movo — aggiunse Fanny con un piccolo sorriso.

Beatrice le diede un’occhiata d’intelligenza, sorridendo anche lei.

— Proprio? — chiese poi.

— Certo — rispose l’altra con la sua aria felice. Ed involontariamente, per uno spontaneo moto di affetto, le due amiche si abbracciarono.

— Era quello che lavoravi, quando sono entrata, cattivella?

— Eccolo — e cavò fuori un corpettino di tela d’Olanda che ricamava, col filo rosso. Le due amiche lo guardarono con ammirazione sincera, estasiandosi su quel brano di stoffa che rappresentava tutto un avvenire.

— Alessandro cammina sulle nuvole per la consolazione — riprese la Fanny, col bisogno irresistibile di parlare del suo grande segreto; — mi diventa noioso a furia di baciucchiarmi, di stringermi lei mani, di ringraziarmi. Poi mi ha messa nella bambagia. Il fuoco, la