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94 | Cuore infermo |
Erano arrivati all’angolo, sempre ventoso, della via Mergellina, dove voltano per lo più tutte le carrozze che vanno a far la passeggiata alla Riviera.
— Voltiamo? — chiese Paolo.
— Voltiamo pure — rispose Marcello, col suo sorrisetto un po’ stanco, un po’ ironico — ma ti avverto che ora incrocieremo la D’Aragona.
Difatti, dopo due minuti, le carrozze s’incrociano. I giovani si scappellarono. La D’Aragona salutò e sorrise, mentre il venticello marzolino faceva agitare la piuma grigia del suo cappello.
— Lo vedi ora? — esclamò Paolo, mordendosi le labbra e facendo schioccare la frusta come un cocchiere da nolo: — ora ella ci sorride.
— Tanto meglio.
— Tanto peggio. Non mi fido di quel sorriso.
— Ha bellissimi occhi — mormorò distrattamente Marcello, divenuto pensoso.
Tacquero, mentre il loro carrozzino li trasportava di nuovo verso la città, in quel va e vieni monotono della Riviera. Ad un tratto la victoria della D’Aragona passò ad un trotto serrato. Ella si volse e fece lieve cenno a Paolo Collemagno.
— Ti ha fatto un segno, mi pare — disse Marcello, guardando in volto Paolo, che era diventato pallido.
— Sì. Va alla Villa per passeggiare. Andiamoci.
— Perchè?
— Mi ha detto di raggiungerla.
— Sei contento dunque. La tua dama ti chiama.
— Bah! mi chiama molto spesso.... per dirmi o farmi delle malignità. Ogni giorno ne inventa una nuova, e, capirai, mi mantiene in una certa curiosità. Sentiremo quella d’oggi: ho idea che sarà graziosa.
— Io non vengo.