Pagina:D'Annunzio - Canti della guerra latina, 1939.djvu/44

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7. E, come svola il brandello del panno dal corpo dell’ucciso avvolto nella vampa dello scoppio, fuggì la mia pochezza nell’ardore.

8. E respirai il respiro dei nostri morti, oltre la vita e oltre l’orizzonte, maschia speranza alata;

9. ché la mia speranza era nell’ombra delle mie ali d’uomo, a sommo dello spazio combattuto;

10. e non la piota né il sasso era quivi, da pontarvi il calcagno, da stramazzarvi giù rovescio o prono,

11. non luogo di periglio misurato dalla statura, non fosso cupo, né abbattuta d’alberi, né sacco, né palanca, né fascina,

12. non l’acre cecità della battaglia in deserto sconvolto o su vulcano fragoroso;

13. ma tutto il firmamento m’era, come all’aquila, regno e rapina, visione e verità, ricordanza e promessa.

14. E, non più soma greve d’orgoglio ma rapida virtù senza peso, io vedeva nella battaglia