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favola sentimentale 121

un impeto, tendendogli le scarne braccia. Ma tacque poi; ricadde nella muta stanchezza donde invano tentava di sorgere. Il petto esile aveva un alenare fioco, sotto le pieghe della tunica.

Ella salì all’organo che dormiva, da tempo, in un angolo della biblioteca. Cesare tirava i mantici polverosi: i mantici ansavano con un respiro ampio di gigante umano, nel silenzio, suscitando le anime dei suoni entro le lunghe canne metalliche. Galatea ricordava su i tasti un’armonia di Bach, incertamente.

Nella biblioteca, dai finestroni aperti, entravano zone vive di luce. Le file dei libri, a quella irruzione insolita, rivivevano, gittavano anch’esse le loro note deboli dai curvi dossi tarlati. Era tutta una gamma di colori: li Annali di Baronio e di Raynaldo nella cartapecora verdognola prendevano riflessi dubbii di bronzo antico; li Acta sanctorum gialleggiavano e biancicavano in una tinta di tonache domenicane, occupando quasi intero uno scaffale altissimo; in quel biancicore Strykius faceva una macchia vivace di azzurro e il piccolo Fréret vibrava quasi uno sprazzo audace di scarlatto. Erano poi toni scialbi e varii di tappezzerie usate; erano vecchiumi di cuoio, chiazze di un rossastro di ruggine, di un violaceo livido, di un arancio sbiadito. Ma il sole avvivava quei toni, de-

9 — Il libro delle vergini.