Pagina:D'Annunzio - Il libro delle vergini.djvu/148

Da Wikisource.

nell'assenza di lanciotto 143

diffusa che ride fra li intervalli delle nuvole dopo la pioggia su la campagna stupefatta. Nella campagna allora si sentiva come l’influenza pacifica della Dea nivale, di quella figura che era la linea più grandiosa del paesaggio circostante. Pei seminati stavano sparsi i coltivatori.

— A sinistra, Francesca — avvertì Gustavo spingendosi avanti.

Venivano in contro due paia di bovi aggiogati, infiocchettati di rosso, forse tolti poco prima dal carro, condotti da una specie di vecchio fauno che reggeva in mano le funi.

Il sauro ruppe il trotto, entrando in un moto di piccolo galoppo, senza avanzare. Francesca teneva corte le briglie, chinata, in un atteggiamento audace, per guardare le zampe dell’animale moventesi in quel gioco pieno di grazia. Gustavo ammirando diceva che il sauro avrebbe saputo galoppare anche nel cerchio di un napoleone d’oro. Allora una voglia di corsa avventurosa prese Francesca: le narici rosee le si dilatarono al sentore del vento.

— Hop! hop! hop! hurrà!

Si mossero insieme di slancio i cavalli, crescendo vivamente nell’animazione, quelle belle e giovini bestie che avevano anche fiutato la primavera.

— Hop!