Pagina:D'Annunzio - Isaotta Guttadauro, 1886.djvu/239

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Donne 233


Divino era il suo nome: Eleabani.
Ed era come un olio di viola,
sereno, che ne ’l suon de la parola
si spandesse a lenire i petti umani.

In fondo a l’occhio suo puro e crudele
eran segrete fascinazioni.
Come il santo profeta Daniele,
avrebbe ei vinti a ’l suo giogo i leoni;

e con la voce, cantico di lire,
mansuefatti avrebbe aspidi in guerra.
Or prima, a soggiogar l’anime in terra,
trasse i cuor de le donne a ’l suo desire.

Tutte, da’ bei palagi ove risplende
l’oro, e da’ templi ove la pace dorme,
e da l’umili case, e da le tende
nomadi, e da’ tuguri, a torme a torme,

venivano a ’l figliuol de ’l Nazareno,
al bene amato eroe de la fortuna.
Lui proseguiano a ’I sole ed a la luna;
lui chiedeano, in morir de ’l suo veleno;

lui, ne l’alba, torcendosi le braccia,
invocavan su ’l tepido origliere,
o sognavano, pallide la faccia
tra l’ampia chioma, sfatte da ’l piacere.