Pagina:D'Annunzio - L'Isottèo-La Chimera, Milano, Treves, 1906.djvu/113

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III.


Re Poro, ch’ebbe spiriti assai crudi,
(com’è ne ’l Novellino) ad un mangiare
udendo su le mense ceterare
un musico in ricerche e vaghi ludi,

5uso a ’l tinnir de li archi e de li scudi,
fe’ le corde a la cetera tagliare.
— Meglio — disse — è tagliare che sviare,
chè a dolce suon si perdon le vertudi. —

Anche Antígono, quando in mezzo a un coro
10vide Alessandro, diè sentenza eguale,
gridandogli: — Non hai vergogna alcuna? —

Io, contro il buono Antígono e il re Poro,
amo in questa mia lieta opra fatale
perdere le vertudi ad una ad una.