in sul vespero.
In sul vespero, scendo alla radura.
Prendo col laccio la puledra brada
che ancor tra i denti ha schiuma di pastura.
Tanaglio il dorso nudo, alle difese; 5e per le ascelle affero la naiàda,
la sollevo, la pianto sul garrese.
Schizzan di sotto all’ugne nel galoppo
gli aghi i rami le pigne le cortecce.
Di là dai fossi, ecco il triforme groppo 10su per le vampe delle fulve secce!
l’incanto circeo.
Tra i due porti, tra l’uno e l’altro faro,
bonaccia senza vele e senza nubi
dolce venata come le tue tempie.
Assai lungi, di là dall’Argentaro, 5assai lungi le rupi e le paludi
di Circe, dell’iddìa dalle molt’erbe.
E c’incantò con una stilla d’erbe
tutto il Tirreno, come un suo lebete!