Pagina:D'Annunzio - Laudi, III.djvu/267

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TERZO - ALCIONE


“Sposa, ch’io venga su le tue vestigia!„
E da me svelse i calami con cruda
mano, li infranse. L’anima sua nuda
260e noi profferse alla gran Notte stigia.


V.
O uom che m’odi, fu laboriosa
la mia sorte. Non fecero grandi ozii
a me gli iddii. Solstizii ed equinozii
passano, passa il colchico e la rosa.

265Tutto ritorna; e la saggezza è vana.
La saggezza non val legno ficulno
né zàccaro caprino. Io voglio, alunno
di Libero, finir di fine insana.

Se bene obeso, molto vidi e udii
270però che amico fui de’ viatori
insonni, esperto di molti sapori,
a servigio di efimeri e d’iddii.

Molto contenni, puro o adulterato.
Il falso e il vero son le foglie alterne
275d’un ramoscello: il savio non discerne
l’una dall’altra, l’un dall’altro lato.


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