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Note alla Canzone del Sacramento

Visconti, che aveva seco il figliuolo Ugo, bellissimo e arditissimo giovine — omnium pulcherrimus — il quale nella fazione perse la vita. Conducevano i Genovesi un Lamberto e un Gandolfo. Molto era il naviglio e bene armato. I Cristiani espugnarono Pantelleria e mossero a Mehedia — la Madia del poeta pisano, l’Alamandia delle Istorie, la Dilmazia della Cronaca — ; ed era il dì 6 d’agosto del 1088, “lo die di Santo Sisto,„ il giorno in cui pareva che per fato i Pisani principiassero o terminassero le loro imprese. E “per forza cavonno di mani delli Saracini Affrica e Dilmazia e più terre di Barbaria„ come dice il buon Ranieri Sardo.

Era la città di Timino lontana da Tunisi novantaquattro miglia a scirocco, luogo fortissimo per natura, sopra rocce inespugnabili dentro il mare congiunte alla terra da un istmo sottile, con un porto sinuoso. Un’alta muraglia, un fosso, sette torri e un mastio la difendevano. Il re — secondo narra l’Anonimo — nutriva nei serragli gran numero di leoni.

Prima dell’assalto, il Vescovo celebrò l’ufficio divino; arringò dal cassero i combattenti, e diede l’assoluzione sacramentale.

Questo è il momento epico della canzone. Soldati e marinai, rinnovando l’usanza dei Cristiani primitivi nel tempo delle persecuzioni, si distribuirono a vicenda la santa Eucaristia.

Et communicant vicissim
Christi Eucharistiam.

Poi strinsero l’assedio, ebbero la città, liberarono gli schiavi cristiani, smantellarono la rocca, fecero gran bottino, ed imposero a Temim una grossa indennità di guerra e l’esenzione delle imposte per le genti di mare.


🙦 A chiarire l’allusione di talun verso, giova ricordare che i Pisani da soli assalirono i Saraceni d’Affrica nel 1035 e


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