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Piove a dirotto, nella sera delle Ceneri. È un acquazzone di marzo.

Origlio lo scroscio.

Ora io ho — mi sembra — un orecchio più sensibile di quello che musicò «la pioggia nel pineto».

Nella grande arpa della meteora distinguo tutte le corde, e quasi le tento.

Potessi fare due buchi nella parete, verso il giardino, e metter fuori le mani disseccate!

Il rovescio non è troppo violento per la lanugine delle fogliette nuove?

Nerissa mi manda la sua fanticella a portarmi sotto la pioggia un fascio di fiori ch’ella ha trovati a Padova in questo pomeriggio.

L’umidità entra nella mia stanza, la freschezza si sparge nelle mie lenzuola.