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notturno 147


Allungo le mani caute per cercare intorno a me. Trovo un mazzo ch’era scivolato dalla rimboccatura verso la proda. Il cuore mi batte. Per un nulla il cuore mi balza!

È un mazzo di mammole. Bagnato, non aveva profumo. Il calore del letto lo rianima. È una sorpresa squisita. Ne gioisco come se le avessi colte io medesimo sul margine di un prato strano.

Non sono le violette di Padova; sono per me le violette scempie di Pisa la dorata.


Mi ricordo d’un acquazzone di marzo a Pisa. Eravamo su la piazza del Duomo. Ci rifugiammo sotto l’architrave della porta maggiore, scrollando le gocciole. Là c’indugiammo ad aspettare che spiovesse. «Imbres effugio» diceva nella porta l’emblema parlante.

La pioggia annaffiava l’erba corta, con un crepitìo eguale che ci pareva