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la sentenza breve su le foglie disperse al vento del fato.

Sorrisi d’un sorriso che nessuno vide nell’ombra quando udii il suono della carta che la Sirenetta tagliava in liste per me, stesa sul tappeto della stanza attigua, al lume d’una lampada bassa.


Ella deve avere il mento rischiarato come dal riverbero della sabbia cocente quando eravamo distesi l’uno accanto all’altra su la spiaggia pisana, nel tempo lieto.

La carta fa un fruscìo regolare che nella mia imaginazione evoca quello della risacca a piè delle tamerici e dei ginepri riarsi dal libeccio.

Sotto la benda il fondo del mio occhio ferito fiammeggia come il meriggio estivo di Bocca d’Arno.

Vedo la sabbia corrugata dal vento, rigata dall’onda.

Posso noverare i granelli, affon-