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notturno 247

tutto fauce senza parola
brandiva un’ascia grande,
l’ascia inventata da Dedalo,
che nel tronco intagliò il primo dio.
Disceso, entrava nel folto dell’ali frementi.
Ghermiva l’un di noi, e l’altro e poi l’altro.
A colpi d’ascia iterati
mozzava dalla spalla le penne.

Sprizzava sangue dal taglio,
che non per legami dedàlei
ma per nodi di tendini vivi
eran giunte al nostro sogno le penne.
Calpestavamo, sfuggendo, stridendo,
la straziata messe di penne.
Non restava l’ascia crudele.
Abbattuti, dal dolore convulsi,
sanguinavamo sopra le penne.

E un solo scampò nell’altezza.
Pontato su l’orrore fraterno,
prese lo spazio fatto dall’ascia,
per aprire i vanni e levarsi.