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264 notturno

Penetrava per gli interstizii. Si lasciava pettinare, come una capellatura liscia, da quel pettine di canne argute.

E il canto della raganella, giunto al più alto grado del verde, si ruppe in garrito e tacque di sùbito, senza oscillazione.

Allora la finestra cominciò a impallidire.

Una forma indistinta e tacita, simile alla seppia con il suo sacco e i suoi tentoni, apparve nel vano e versò un gran fiotto verde che si diffuse fino al fondo della mia stanchezza addormentandola.


Mi pare di scrivere con quell’inchiostro il mio sogno che torna.