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Pagina:D'Annunzio - Notturno.djvu/314

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302 notturno


Sono della sua razza; e soffro il suo dolore con una vastità smisurata che non so dire, da tutta quanta l’infanzia a tutta quanta la vecchiezza, e per tutti i fiumi dalle sorgenti alle foci, e per tutte le montagne dalle radici ai vertici.

La sua povera carne è la mia povera carne. La sua costanza nel patire è la costanza di mia madre e della mia gente.

È là bocconi. È stroncato. Ha vent’anni.

È là steso come quegli animali che il beccaio squarta sul banco del macello. Tanto la sua anima è divina quanto il suo corpo è bruto. Non è coperto se non dai brandelli della sua camicia rozza; e le pudende palesate, i segni del sesso, aumentano il ribrezzo e la miseria e l’innocenza e la compassione e il sentimento sacro della genitura che si spezza.

Ha la faccia imberbe rivolta dalla mia parte, e da me non distoglie mai