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notturno 373

intorno alla pianta e il bulbo si scopre, perlato come la sclera.


Odo un passo salire per la scala. Odo la voce della Sirenetta.

La sento avvicinarsi come l’acqua sente il volo d’un uccello bruno, che in lei si riflette, verso sera.

Mi conduce un giovine aviatore di Sant’Andrea, un gentile compagno, quello medesimo che solevo chiamare il mio scudiere perché mi aiutava a indossare le pellicce, i calzari, i guanti, il cuffiotto, prima del volo.

Si avvicina al mio letto con infinita cautela.

Forse i suoi occhi non mi scorgono, venendo dalla luce.

È vicino al capezzale. Sento che trema. S’inginocchia.

Volgo un poco verso di lui l’occhio non bendato.

Il suo viso è quasi all’altezza del mio.

Distinguo su la sua spalla la corona e le stelle d’oro.