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notturno 393


La città regale è trasformata in città equina.

Veggo i cavalli intorno ai bacini in abbandono verdastri di putridume galleggiante. Il palazzo è una cosa morta, indicibilmente morta. La prospettiva del gran canale sfonda, come uno Stige costretto a non si torcere, nella malinconia di un Ade infinito.

Veggo altri cavalli intorno a uno stagno ancor più triste. Nitriscono verso l’acqua cupa e torva che mi ricorda la faccia del mio lago di Nemi sotto il nuvolo. I loro abbeveratoi posticci stanno all’ombra degli olmi, in forma di battelli neri. Un odore accorante di stabbio occupa le delizie del Re.


Ora sono morti, sono tutti uccisi, macellati a masse.

La battaglia della Marna li lascia dietro di sé coricati nell’erba cosparsa di bottiglie vuote e di proiettili non esplosi. Hanno tutti la