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notturno 395

non cantano. Qualche uomo passa laggiù, nel sentiero, sotto la piovigginaia, con in sul capo una tela ripiegata di sacco. Presso una casa in rovina una trebbiatrice sta riversa con le gambe in aria come le carogne. Il poggio erboso ha un’inflessione tanto soave che sembra esprimere non so qual tenerezza della terra. Il gallo del campanile regna il silenzio che la pioggia fine lenisce. Di rado il vento manda una folata umida. L’odore della morte gli mozza il soffio.

Il superstite cerca di pascolare intorno, allungando il collo. È solo. Fra poco annotta. Una rondine spersa gli sfiora la groppa, senza strido.

          O malinconia malinconia,
          di tanto lontano mi riporti
          quel che già tanto ti pesò?