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Le mie mani non sono se non forme della mia spiritualità, come allora.

Il mio tocco è musicale e corrisponde con qualcosa di più profondo che la mia coscienza.

Il sorriso della creatura stanca e felice sembra immortale.

Come allora, conosco dove i suoi capelli qua e là si rischiarano; sento su gli òmeri le punte bifide, le cime bipartite.

Renata ha chiuso gli occhi. Le sue lunghe ciglia mi hanno sfiorato il cuore.

Io le dico: «Piccola, dormi?»

Ella si scuote e si solleva. Il suo viso nella capellatura profonda è come un Ave.

Ho ai miei piedi il più chiomato tra gli angeli di Melozzo, che mi porta la benedizione della sera.

Ella divide con me il pasto breve. Entrambi mangiamo con avidità gli aranci della fine già mondati, libe-