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ANNOTAZIONE IX


Accendetegli ogni anno un fuoco sul Vùlture!

A una a una cadono le ultime aquile della battaglia. Nel medesimo fondo di laguna dov’era precipitato Giuseppe Miraglia, in un mattino placido dello scorso settembre anche Luigi Bologna si spezzò le ali e le ossa. Nella medesima camera funeraria, all’ospedale di Sant’Anna, dove insieme avevamo vegliato il nostro compagno della prima guerra, io sollevai il lembo della bandiera per riconoscere quel viso forte che nella giornata di Parenzo s’era voltato verso di me con un cenno non dissimile a quello dell’addio.

E l’altrieri il mio pilota degli estremi ardimenti, il pilota della prima squadriglia navale di Siluranti aeree, il pilota della squadra di San Marco, quello del mio bel SIA 9 B sparvierato, Luigi Garrone, cadde in vista di quell’Isonzo che più non trascina al mare corpi d’uccisi ma speranze disfatte.

E non rivedrò quel suo pallido viso malaticcio sotto i capelli lisci e quei suoi pallidi occhi riflessivi e tutta quella sua fragilità quasi feminea che chiudeva come in una guaina di vetro la lama della sua energia. Ma ben lo rivedo in quella grande impennata repentina contro il sole, nel cielo del Grappa, fra le quattro granate esplodenti in capo in coda e alle ali del nostro «sparviero». Ma lo rivedo nel ritorno dai bombardamenti e dalle esplorazioni lungo il Piave, quella sera che sul campo di San Nicolò non erano ancóra accesi i proiettori, quando ci schiantammo in perdizione contro la pista di cemento e restammo incolumi nello sfasciume. Lo rivedo, nell’offensiva d’ottobre, in una delle nostre due partenze cotidiane, quando l’apparecchio carico di bombe impazzato su la pista perfida non obbedì al richiamo e andò con tutto il carico a urtare contro il terrapieno d’una batteria e si sfasciò miracolosamente senza esplosione, e io pur nell’urto udii l’urlo spaventoso dei miei uomini di manovra adunati per l’alalà e volgendomi li colsi tutti con le mani su gli occhi in un gesto d’orrore, e mi ritrovai nel cerchio della mia mitragliatrice intatto accanto al compagno che sorridendo si toglieva dalla gota magra un briciolo di terra e un filo d’erba.