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notturno 69


I gabbiani a stormi nel bacino. Il lor ridere basso, a fior dell’acqua tetra.

Renata porta un mazzo di rose rosse legato con un nastro cilestro.

Silenzio.

Le raccomando di contenersi. Mi guarda con due occhi coraggiosi.

Siamo all’imbarcatoio. Scendiamo. Non c’è nessun ufficiale di guardia.

Renata posa ai piedi del cadavere le rose, s’inginocchia, prega, col viso tra le mani chiuse. Non piange.

Dopo alcuni minuti angosciosi, la scuoto, la riconduco. Riparte sola. Io rimango.

Ventiquattr’ore sono trascorse dall’ora della morte.

Guardo il viso: è più gonfio, più scuro, con un po’ di sangue alle narici, agli angoli della bocca.

Il tempo passa. La guardia si muta. È sempre in me la stessa interrogazione: Perché?


Entra Luigi Bresciani, uno degli