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Pagina:D'Annunzio - San Pantaleone, 1886.pdf/13

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san pantaleone. 5


Nella moltitudine il mormorío era interrotto da silenzi di aspettazione. Il nome di Pallura circolava per le bocche; impazienze irose scoppiavano qua e là. Lungo la strada del fiume non si vedeva ancora apparire il traino; le candele mancavano; Don Cònsolo indugiava per questo ad esporre le reliquie, a fare li esorcismi; e il pericolo soprastava. Il pánico invadeva tutta quella gente ammassata come una mandra di bestie, non osante più di sollevare li occhi al cielo. Dai petti delle femmine cominciarono a rompere i singhiozzi; e una costernazione suprema oppresse e istupidì le coscienze al suono di quel pianto.

Allora le campane finalmente squillarono. Come i bronzi stavano a poca altezza, il fremito cupo del rintocco sfiorò tutte le teste; e una specie di ululato continuo si propagava nell’aria, tra un colpo e l’altro.

‟San Pantaleone! San Pantaleone!”

Fu un immenso grido unanime di disperati che chiedevano aiuto. Tutti, in ginocchio, con le mani tese, con la faccia bianca, imploravano.

‟San Pantaleone!”

Apparve sulla porta della chiesa, in mezzo al fumo di due turiboli, Don Cònsolo scintillante in una pianeta violetta a ricami d’oro. Egli teneva