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la siesta. 123


‟O signora, dove andate?” chiese la femmina, con un accento ingenuo di curiosità.

Donna Laura si accostò. Aveva il volto tutto infiammato e la respirazione corta. Le forze erano per mancarle.

‟Mio Dio! Oh mio Dio!” gemeva ella, reggendosi le tempie con le palme. ‟Oh mio Dio!”

‟Signora, riposatevi,” diceva la femmina ospitale, invitandola ad entrare.

La casa era bassa ed oscura; ed aveva quell’odor particolare che hanno tutti i luoghi dove molta gente agglomerata vive. Tre o quattro bambini nudi, anch’essi col ventre così gonfio che parevano idropici, si trascinavano su ’l suolo, borbottando, brancicando, portando alla bocca per istinto qualunque cosa capitasse loro sotto le mani.

Mentre Donna Laura seduta riprendeva le forze, la femmina parlava oziosamente, tenendo fra le braccia un quinto bambino, tutto coperto di croste nerastre tra mezzo a cui si aprivano due grandi occhi, puri ed azzurri, come due fiori miracolosi.

Donna Laura domandò:

‟Qual è la casa di Luca Marino?”

L’ospite co ’l gesto indicò una casa rossiccia, all’estremità del paese, in vicinanza del fiume, circondata quasi da un colonnato di alti pioppi.