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la morte di sancio panza. 147

stento doloroso di un animale ferito alle due cosce. Forse aveva sete, perchè quando gli fu accostata la scodella tentò di lambire con la lingua il liquido. Ma, come la paralisi crescente già gl’impediva anche quell’atto, dopo sforzi inutili ed irosi egli volse piegando su le gambe posteriori e con una delle zampe davanti cominciò a battersi la mascella, quasi per rimuovere alfine di là quell’ostacolo che gli faceva tanto dolore.

E l’attitudine era così vivamente umana e li occhi erano così pieni di supplicazione e di disperazione umana, che d’un tratto Donna Letizia scoppiò in un pianto:

‟Oh, povero bibì! Chi te l’avesse mai detto, povero bibì mio!...”

In tutte le fanciulle la commozione raggiunse il supremo grado. Vittoria raccolse il morituro, lo portò su ’l canapè, chiese le forbici; era necessario un eroismo; bisognava infine esperimentare il rimedio, ad ogni costo.

‟Isabella, Maria, le forbici! Venite!”

Tutte trepide e pallide, si chinarono in torno a Sancio, che aveva di nuovo socchiuse le palpebre e alitava il fiato ardente nelle mani della soccorritrice. E questa, vinta la prima ripugnanza, cominciò a tagliare il pelo sulla nuca dell’animale,