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l’eroe. 337

Ciascuno, con un gesto o con una parola, espresse lo stesso pensiero.

L’Ummálido chiese:

‟Chi ha purtate lu Sante?”

Gli risposero:

‟Mattia Scafarola.”

Di nuovo, chiese:

‟Mo che si fa?”

Risposero:

‟Lu vespre ’n múseche.”

Li agricoltori salutarono. Andarono al vespro. Un grande scampanio veniva dalla chiesa madre.

Uno dei parenti mise a canto al ferito un secchio d’acqua fredda, dicendo:

‟Ogne tante mitte la mana a qua. Nu mo veniamo. Jame a sentì lu vespre.”

L’Ummálido rimase solo. Lo scampanio cresceva, mutando metro. La luce del giorno cominciava a diminuire. Un ulivo, investito dal vento, batteva i rami contro la finestra bassa.

L’Ummálido, seduto, si mise a bagnare la mano, a poco a poco. Come il sangue e i grumi cadevano, il guasto appariva maggiore.

L’Ummálido pensò:

— È tutt’inutile! È pirdute. Sante Gunzelve, a te le offre. —