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Pagina:D'Annunzio - San Pantaleone, 1886.pdf/368

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360 san làimo navigatore.

ore guardando la marea salire o le vele fuggire in distanza nella luminosità delle grandi acque.

Talvolta seduto ai piedi della signora, in fondo a una loggia, seguiva sopra uno stromento di tre corde le canzoni dei marinari. Molte catene di fiori pendevano giù per li intercolonnii: e dinanzi, nel golfo calmo e tiepido, le testuggini marine dormivano su ’l fiore dell’acqua dando al sole i larghi scudi raggianti come un’ambra pura.

Làimo, d’un tratto, gittava da sè lo strumento e scoppiava in lacrime, perchè avea visto apparire la prora di una galea nel lontano.

Il sire e la sua donna, ignorando la causa di tanta tristezza, per letiziarlo chiamarono alla corte i più famosi buffoni e danzatori della cristianità; bandirono per lui conviti ove i più rari cibi si mangiarono tra suoni d’arpe e cori di fanciulle; gli donarono cavalli coperti di bardature gemmanti e ricchissime armi cesellate da orefici di gran nome; aprirono nel parco una caccia in cui durante tre giorni mille cervi furono uccisi e dugento capri e novanta cinghiali.

Poi, quando Làimo alfine chiese un naviglio, il sire adunò artefici navali d’ogni patria, li provvide di legno di cedro, di lino d’Egitto e di metalli. L’opera fu compiuta in dieci mesi.