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Pagina:D'Annunzio - San Pantaleone, 1886.pdf/369

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san làimo navigatore. 361


Era una galea con cinque ordini di remi. L’antenna maggiore, più diritta e più inflessibile che un pino del monte Ida, cerchiata di argento, coronata d’un gran gallo fiammeggiante come un faro, portava una gran vela quadrata e due vele triangolari. Su la prua, dipinta ad encausto, il corpo magnifico di una nereide torcendosi a seconda della curvatura attingeva con i piedi la carena e in un gesto atteggiato di grazia tendeva all’alto le mani. Su per il bordo stavano scolpiti agili putti bacchici che tutti insieme facevano componimento di una danza. Il cedro immarcescibile risplendeva ovunque tra li intarsi d’avorio e di sandalo; tende di tessuti asiatici ondeggiavano su ’l ponte ombrando letti di piume; e tutta la galea aveva apparenza di un naviglio su cui qualche bel re felice volesse goder l’amore delle sue spose.

Allora trassero molte genti dalle terre circonvicine, pe ’l giorno della prova; e Làimo era in vista luminoso di letizia, e il sire e la sua donna gioivano.

Quando a forza di braccia la galea fu sospinta nel mare, un grido immenso di meraviglia eruppe dalla folla suscitando per tutto il golfo li echi. Il mattino splendeva come in una conca di cristallo e i fondi del mare trasparivano.