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Pagina:D'Annunzio - San Pantaleone, 1886.pdf/374

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366 san làimo navigatore.

si bevve nel concavo delli scudi e nei caschi di rame; scoppiarono tra la gioia molte contese mortali; l’alba vide le ultime insanie. E all’alba la nave del mercatante, poichè fu novamente carica delle trecento femmine, portò la non più vergine merce al Califfo di Bagdad.

Un’altra volta Làimo liberò una regina chiusa in una torre a cui le nubi cingevano la sommità. Tenne l’assedio per tre giorni e per tre notti, combattendo Saracini giganteschi armati di scimitarre lunate. Molti legni gli s’infransero contro le scogliere e molti uomini perirono prima che le porte di bronzo cedessero. Egli appiccò quei cani d’infedeli ai merli della torre e ricondusse la bella nel regno, in una città che aveva case con tetti d’oro e templi marmorei levantisi in alto come scale di fiori.

Grandi festeggiamenti furono dati in gloria dell’armata liberatrice e banchetti in cui quei truci corsali mangiarono sotto rami di mirto e di lauro, bevvero in crateri coronati di rose, si asciugarono le mani in chiome di schiave asiatiche, si distesero su tappeti magnifici a piè di fontane che li deliziarono di una pioggia d’acque miste d’aromi. La regina, presa d’amore, allettò Làimo con una lenta mollezza di blandizie: era tutta luminosa ed