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Pagina:D'Annunzio - San Pantaleone, 1886.pdf/386

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378 san làimo navigatore.


Il profeta tentò salire su uno delli idoli di pietra, per dominare la tempesta. Ma la profanazione audace inasprì li idolatri. Uno d’essi trasse a terra il profeta; altri si gittarono su di lui percotendolo; altri gridarono:

‟Al fiume! al fiume! Sia dato in pasto ai gaviali!”

Làimo, lanciato nelle acque, riapparve incolume a mezzo della correntía; e le frecce cadevano innocue in torno a lui, come ramoscelli di belzuino.


Ed egli così all’albeggiare giunse alla foce; e sopra un tronco tutto ancora lieto di fogliame navigò pe ’l mare, fino ad un’isola dove i naturali erano uomini pieni di tumori e di gozzi, coperti di pelle squamosa, infetti d’una serpigine biancastra e d’una sorta d’elefanzía. Questa gente povera e pacifica non faceva uso del fuoco; e per lo più si nutriva di miele selvatico, di gomme, e dei nidi di certe rondini indigene che prolificavano nelle caverne.

Fu accolto Làimo con segni di gioia, e gli furono offerte patate dolci su foglie di palmizio. Ed egli, poi che per dono del Signore ebbe conoscenza di quell’idioma, parlava alli uomini e alle donne, come un apostolo, e pazientemente li ammaestrava in torno alle dottrine del Galileo. Milti infermi egli