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Pagina:D'Azeglio - Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta, 1856.djvu/263

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Capitolo XVIII.


L’ostinata difesa dei Francesi, e le difficoltà di vincerli del tutto, ristretti com’erano dietro i corpi de’ loro cavalli, fece sì che la maggior parte degli Spagnuoli inclinassero a prestar orecchio alla loro proposta. Ma non vi si piegava Diego Garcia; gridava inferocito ai suoi compagni esser vergogna il ritirarsi avanti ad uomini mezzo vinti, e doversi finir l’impresa per mostrar che gli Spagnuoli a piedi come a cavallo valevano più di loro; e non trovandosi altr’arme fuorchè la spada, colla quale non poteva giugnerli, si chinava a terra infuriato, ed alzando que’ gran sassi che fissavano i limiti del campo e che un uomo di forza ordinaria avrebbe mosso a stento, gli scagliava in mezzo allo squadrone nemico. Ma non era difficile schivarne la percossa, e perciò non potè nè pur per questa via di riuscire a danneggiarli. Non ostante si riaccese la zuffa, e durò finchè il sole già cadeva verso occidente, ed i Francesi bravissimamente seguitarono la loro difesa, tantocchè convenne alla fine alle due parti di rimanersi: i giudici decretarono uguale l’onore della giornata, dando agli Spagnuoli vanto di più valenti, e quello di più costanti ai Francesi. I due prigioni furon barattati; e tutti stanchi, affannati e pesti ripresero la via, gli uni del campo, gli altri della città.

Quando v’entrarono gli Spagnuoli, era quasi sera. Scavalcarono al castello, e, presentatisi a Consalvo, narrarono com’era passata la cosa. Si turbò forte il gran Capitano sgridandogli perchè, avendo così ben cominciato, non avesser saputo finire. In quest’occasio-