Pagina:D'Azeglio - Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta, 1856.djvu/81

Da Wikisource.

Capitolo VI.


In questa giunsero i Francesi che dovevano condurli al campo: i due amici s’alzarono, e presi i cavalli s’avviarono con loro.

Attraversarono per mezzo lunghe file di tende e di trabacche mirando l’assetto di quelle genti che correvano sulla loro via per sapere a che venissero; ed in mezzo ad una folla di soldati sboccarono su una piazza formata da molti padiglioni disposti in giro, nel centro dei quali, sotto una quercia, era teso quello del capitano. Vi s’era radunato il fiore dei caporali dell’esercito: scavalcarono, e furono messi dentro. Dopo cortesi, ma brevi accoglienze, vennero portati due sgabelli, sui quali sederono volgendo le spalle alla porta.

La tenda parata d’un drappo azzurro sparso di gigli d’oro era in forma d’un quadrilungo diviso in due quadrati uguali da quattro colonne sottili di legno a strisce celesti e d’oro. In fondo era il letto coperto d’una pelle di pardo, sotto il quale dormivano sdrajati due gran levrieri. Poco distante una tavola ingombra confusamente d’un monte d’ampolle, di spazzole, di collane, di giojelli, e sopra la quale era appeso uno specchio poligono chiuso in una cornice d’argento lavorata a cesello, mostrava che il gentil duca non isdegnava la cura dell’attilarsi: ed un elegante moderno avrebbe bensì cercato invano su questa toilette l’indispensabile acqua di Colonia, ma poteva trovar però un compenso in due gran vasi di argento dorato sui quali era scritto Eau de Citrebon, ed Eau Dorée. Più fogge d’armature erano appiccate alle colonne a guisa di trofei, ed in traverso posate sovra arpioni, lance e zagaglie.