Pagina:D'Urso - Guerra e malaria, Milano, 1918.djvu/16

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dale o passano nelle compagnie di complemento, dalle quali sono ricacciati in... trincea!

Guariti? No! Essi solo da poco hanno cessato di febbricitare!

Chiunque visiti le caserme dei nostri depositi non sarà, colpito tanto dallo spettacolo dei mutilati, quanto dalla vista di quest’altra categoria di sventurati: categoria notevolissima, se non per le atrocità delle sofferenze, per il numero e per l’aspetto. Sono giovani imberbi, con gli occhi spenti e le faccie sparute, ove l’anemia ha cancellato i lineamenti della loro età; e sono adulti, con viso terreo o gialli come brasiliani, con pancie gonfie, con le prime note della cachessia. Sono soldati di ogni parte d’Italia; ma appartengono a preferenza alla gran famiglia dei lavoratori della terra: molti, quindi, sono già tarati dalla prima età dalla malaria; altri, ieri vigorosi, oggi sarebbero incapaci di attendere ad un lavoro proficuo. Dopo le angoscie della trincea; dopo gli orrori della lotta, nella quale riportarono anche altre ferite; dopo una lunga degenza nei così detti luoghi di cura, essi sono messi a contatto con altri reduci, con altri invalidi, con i feriti degli arti; con questa differenza, che questi ultimi, prima di essere riformati, sono oggetto di provvide cure e passano da una stazione di «fanghi minerali» ad un istituto di «terapia fisica» e da questo ad una «scuola di rieducazione professionale», e quando ritornano alla vita comune vi sollevano ammirata pietà; mentre i malarici..... non hanno che eccezionalmente la riforma, e