Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. I, 1918 – BEIC 1797111.djvu/124

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al conte Saur, nel quale gli commise di richiamar quel poeta e di dirgli che l’imperadore gli perdona. Gli mandò poi duecento zecchini per le spese del viaggio, ma non volle vederlo mai piú.

Torniamo a Rosemberg. Non aveva ancora avuto tempo di riaversi dalla mortificazione e sorpresa cagionatagli da questo «zero». L’imperadore, che s’era giá allontanato da lui, gli si accostò nuovamente, per domandargli perché il nomedi Casti non eravi in quella lista. — Casti — soggiunse il conte — ed io con lui speriamo che la Maestá Vostra si degnerá di onorarlo del titolo prezioso di poeta cesareo. — Conte caro — replicò Cesare, — per me non ho bisogno di poeti, e pel teatro basta Da Ponte. — Seppi un si bell’aneddoto il giorno stesso dal maestro Salieri, a cui il sovrano lo disse, e qualche di dopo dal sovrano medesimo. Questa repulsa frattanto non fece che accrescere l’odio loro contra di me. Non eravamo perciò senza un giusto timore, tanto Mozzart che io, di non dover soffrir delle nuove cabale da questi due nostri buoni amici.

Non hanno potuto far molto, ma pur hanno fatto quel c’han potuto. Un certo Bussani, inspettor del vestiario e della scena e che sapea fare tutti i mestieri fuori che quello del galantuomo, avendo udito ch’io aveva intrecciato un ballo nel Figaro, corse subitamente dal conte e, in tuono di disapprovazione e di maraviglia, gli disse: — Eccellenza, il signor poeta ha introdotto un ballo nella sua opera. — Il conte mandò immediatamente per me, e, tutto accigliato, cominciò questo dialoghetto, che vai ben quello dell’Eccellenza barnabotica.

— Dunque il signor poeta ha introdotto un ballo nel Figaro ?

— Eccellenza, si.

— Il signor poeta non sa che l’imperadore non vuol balli nel suo teatro?

— Eccellenza, no.

— Ebben. signor poeta, ora glielo dich’io.

— Eccellenza, si.

— E le dico di piú che bisogna cavarlo, signor poeta. — Questo «signor poeta» era ripetuto in un tuono espressivo, che