Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. I, 1918 – BEIC 1797111.djvu/123

Da Wikisource.

V’acchiuse setiantacinque fiorini pel primo trimestre, e assicurolla solennemente che noi rivedrebbe mai piú. Mancò poco ciie non morisse di dolore alla lettura di quella lettera; ma, per consiglio de’ loro amici, i quattro figli, le mogli ed i nepotini vennero tutti da lei, e, a forza di carezze, di offerte, di lagrime, di preghiere, la racconsolaron per modo che, dopo essersi tutti abbracciati e riabbracciati, condiscese ella d’andar ad abitare con uno d’essi.

Non indugiai molto a raccontar tutta la storia all’imperatore, il quale, dopo avere sciamato con gran trasporto: — Lodato sia Dio, che, se vi sono dei cattivi, vi son anche dei buoni nella mia Vienna, — mando sul fatto pel gioielliere, lodò assai un atto si nobile e gli destinò una pensione di quattrocento fiorini l’anno, sua vita durante. Ho pensato piú volte di fare di questo aneddoto un dramma buffo; ma la cantante, che avrebbe condisceso di far la parte della vecchia, non è ancora nata e probabilmente non nascerá. La seconda azione, che sto per narrare, non è, a mio parere, né men nobile né meno interessante di questa, come quella che accoppiava a somma generositá somma clemenza. Lui poeta tedesco, che pe’suoi rari talenti era assai caro all’imperatore, da cui avea avuti chiari e distinti segni di generoso favore, trasportato da un estro piú che poetico, che non seppe imbrigliare, pubblicò un’oda, che cominciava cosi: «Può un re esser buono?» Il resto di quest’oda rispondeva perfettamente a questo principio. Appena si pubblicò, che vi fu chi portolla al sovrano, con tutte le aggiunte e le frange che si sogliono fare in tali occasioni. Giuseppe la lesse, e la ingratitudine del poeta tanto gli spiacque, che il fece partir da Vienna e lo rilegò a Temisvar. Domandandomi, alcun di dopo, s’io letto avea e che cosa parevami di quell’oda, risposi che l’avea letta e che mi sembrava bellissima. — Bellissima? — soggiunse egli. — Maestá, si, — ripigliai: — era facil cosa provargli che un re può esser buono. — Come? come? — Perdonandogli. — Avete ragione — replicò allora con gran vivacitá; e, andando velocemente al tavolino, scrisse un biglietto al direttor della polizia, se non ingannomi