Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. I, 1918 – BEIC 1797111.djvu/155

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che scemare, l’odio de’ miei nemici e raddoppiare fecero i loro sforzi per rendermi quanto era possibile infelice. Negli umani infortuni si suol trovare il piú delle volte il conforto dell’altrui compassione; ma i miei persecutori non eran generosi leoni che sapessero «parccre subiectis»: eran volpi maligne e rapaci lupi, «non missini cutem nisi pieni cruoris».

Appena si seppe del congedo mio, che la baldanza e il livor di que’ perfidi (ed eran questi tutti italiani) non ebbe piú alcun ritegno. Che non dissero, che non fecero per tormentarmi] L’imperatore era stato giusto; cosi andavano trattati i birbanti; la mia condotta m’avea meritato ciò e peggio; le amanti, le cabale, le parzialitá... Tutti questi però erano discorsi vaghi; e il paese, pieno di mille vari rumori, non poteva dire qual fosse la vera cagione del mio congedo. Lasciò frattanto Leopoldo la capitale e parti per l’Italia: io voleva allontanarmi da un luogo, dove non si presentavano agli occhi miei che oggetti di dispetto e d’orrore. La necessitá di dar sesto a diversi affari m’obbligò rimanervi per qualche tempo. Parve pericolosa la mia dimora. Il nuovo direttore, ad instigazione di alcuni malevoli, mi mandò un ordine per iscritto di partire dalla cittá. Gli avevano fatto credere, per indurlo alla illegale risoluzione, che all’incominciamento degli spettacoli avrei cercati de’ partigiani contro le nuove virtuose. Una di queste ebbe la viltá di dirgli che non osava presentarsi al pubblico finché si trovava in Vienna Da Ponte. Si trovò un ottimo antidoto per la paura. Mi si intimò la partenza da Vienna il giorno medesimo in cui si doveva riaprire il teatro. È lieve immaginare qual effetto produsse in me questo colpo. Io vedeva precipitato per sempre l’onor mio da questa spezie di esilio. Che si poteva fare contra la forza? Partii. Mi ritirai in una montagnuola due miglie discosta dalla capitale. Qual fu il mio tormento, quando mi vidi in quella solitudine!

II primo giorno fu uno de’ piú terribili di tutta la vita mia. Sacrificato all’odio, all’invidia, agli interessi degli scellerati, scacciato da una cittá nella quale col prezzo onorato del mio talento io era vissuto undici anni ; abbandonato dagli amici,