Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. I, 1918 – BEIC 1797111.djvu/159

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nella camera del sovrano. Stava egli guardando dalla finestra, col dorso vólto verso la porta. Quantunque l’orgasmo del mio spirito fosse alquanto calmato per la maraviglia della chiamata, pure io era abbastanza pieno d’impazienza e di foco per incominciar io stesso a parlare. Mi trattenne la sua postura. Vedendolo in quell’attitudine, attesi per aprir bocca che mi volgesse la faccia. Me la volse, ma nel momento stesso parlò. Questo diede un giro tutto diverso al nostro dialogo. Ne trascriverò parola per parola tutto l’essenziale: non vi sará la minima alterazione. Noi parlammo in un tuono che si poteva udir tutto nell’anticamera. Si udí, si riseppe, ma non da per tutto fedelmente. Ecco la veritá.

— Si può sapere la ragione per cui il signor Da Ponte non ha mai voluto vedere l’imperatore Leopoldo in Vienna?

— Perché Vostra Maestá non ha voluto ricevermi.

— Io le ho fatto dire eh’è padron di venire da me quando vuole.

— A me hanno detto che Vostra Maestá non ha tempo.

— Si, quando mi fece domandare un’udienza privata.

— La mia innocenza aveva diritto di sperarla dalla Maestá Vostra.

— Se fosse stata innocente, avrebbe trovato il modo di farmelo sapere. Ella sa dove io abito.

— Se Vostra Maestá usato avesse anche con me della sua solita clemenza, m’avrebbe fatto chiamare prima di condannarmi. Vostra Maestá non ignora che un uomo caduto nella disgrazia d’un sovrano non viene sempre ammesso all’udienza reale dai ministri, che credono di farsi merito col loro signore, allontanando il disgraziato dal trono, lo ne sono la prova.

— In qual maniera?

— Il di 24 di gennaio corsi qual forsennato per le strade di Vienna, risoluto di gettarmi ai piedi della Maestá Vostra per domandare pietá. Incontrai un segretario del gabinetto reale, lo pregai lagrimando di additarmene le vie. M’indicò il loco ove si trovava lo Steffani e mi suggeri di farmi presentare al sovrano da lui. Sulle scale della reggia v’era Giovanni Thorwart,