Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. I, 1918 – BEIC 1797111.djvu/35

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fuori di sé dal piacere. Voleva restituirmi quelli che prestato gli aveva; ma io lo stimolai a ritenerli, come danaro fortunato. Ci accompagnammo, finito il gioco, e prendemmo la via che conduceva alla sua abitazione. Mi fece mille scuse pel danaro perduto la notte e mille questioni per quello che miracolosamente tn’cra rimasto. L’assicurai che niente del perduto importavami, e che, se voleva esser discreto e non domandarmi mai quello che dire non gli poteva, avrei sempre avuto qualche zecchino da dargli. Mi abbracciò con cordialitá, mi protestò che non avrebbe mai osato chiedermi alcun segreto, e, pregandomi di rimanere pochi momenti nella bottega di certo libraio, dove era solito andare, corse a casa, narrò molte belle cose alla sorella, ordinò di ricuperare il letto, e tornò per me immantinente. Fu quel danaro invero fortunatissimo. Giocò varie settimane, sempre vincendo; ma quello, che guadagnava giocando, spendeva poi a sfogo di cento altri vizi, di cui Sua Eccellenza era un vero emporio. Per qualche tempo però non ebbi né brighe né dispute con costui. Tutto pace era nella famiglia, e, quel eh’è piú singolare, si io che l’amica mia giocavamo con indicibile fortuna; il che aumentava alcun poco, o almeno non diminuiva, il nostro piccolo erario.

Ma non voglio qui ommettere una storiella, che, per quanto straordinaria possa parere, non è però meno vera di tutti gli altri fatti descritti in queste Memorie. La prima domenica di quadragesima, nel trarre alcune carte da’ miei vestiti, mi venne alle mani quella carta da gioco che m’aveva dato al Ridotto l’uom mascherato. Come aveva allora tranquillo lo spirito, mi nacque curiositá di andare da lui e di vedere la fine di quella storia. Arrivato all’indicata abitazione, non mi parve che l’esteriore di quella desse speranza di alcuna importante avventura. Picchiai varie volte prima che fossemi aperto: si tirò alfine una corda, la porta si spalancò, ed io andai nel secondo piano, dove, picchiando un’altra porta, mi fu aperto al medesimo modo; e, al momento in cui entrai nella stanza, udii una voce, che mi pregò di sedere e di aspettar pochi istanti. Qualche minuto dopo, usci da un gabinetto laterale un vecchierello, che mi