Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. I, 1918 – BEIC 1797111.djvu/59

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con cui m era in casa del Memmo in forte amicizia legato, volle condurmi immediatamente da quel cavaliere. Due cose seppi da lui. L’ima, che quel giovinastro, pochi di dopo la mia partenza, era stato cacciato novellamente da quella casa; e l’altra, che la perfida femmina calunniato m’aveva presso il Memmo, facendogli credere ch’io fossi innamorato di lei e che sol per gue rirmi m’aveva trattato in quel modo: nel che il Memmo avea commendata mara/igliosamente «la sua prudenza e pudicizia, e la debolezza del suo povero amico Da Fonte compianta». Io non potei udir senza rammarico una si villana imputazione, e divenni ansiosissimo di disingannarlo. Andai perciò di buongrado a largii una visita. Fui accolto si da lui che dalla Teresa con cortesia non solo, ma con allegrezza. M’offerse il di medesimo e l’alloggio e la tavola; ma io ricusai d’accettare la sua offerta. Andava spessissimo a visitarlo, ed egli veniva da me. In pochi giorni la nostra intrinsichezza rinnovellossi, anzi divenne maggiore. L’egregio Zaguri, che con pari gioia mi ricevette, mi scelse a secretano di sue faccende private ed a compagno di studi. Io passai molte ore beate con lui. Era egli un cavaliere ornato di moltissime cognizioni, buon poeta, buon oratore e pieno di gusto e d’amore per le belle arti. Era piú generoso che ricco e piú amico degli altri che di se stesso. Fu egli che mi fece conoscere il famoso Giorgio Pisani, ch’era il Gracco di Venezia in quei tempi e di cui avrò occasione di parlare piú a lungo nella mia storia. Volle quest’ultimo affidarmi l’intera educazione de’ suoi figlioli, ed io di buon grado me ne incaricai. Mi vidi dunque in un tratto favorito e protetto da tre nobilissimi e possenti soggetti, che gareggiavano nell’amicizia e ne’benefizi. Composi pochi versi in quei tempi, perché le occupazioni d’un doppio impiego, e forse piú le distrazioni piacevoli del paese, troppo all’etá mia confacenti ed alla vivacitá del mio ingegno, non me ne lasciarono l’agio di farlo. M’esercitava spesso, oltre ciò, cosi volendo gli amici miei, nell’improvvisare, ch’era divenuto allora cosa di moda ; e mi convien confessare aver io trovato tal esercizio affatto contrario alla poesia scritta, e deve parer cosa maravigliosa che tra vari geni sublimi, che dicono o cantano