Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. I, 1918 – BEIC 1797111.djvu/62

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ingelosissero prima, indi spaventassero tutti quelli che «grandi» antonomasticamente chiamavansi allora in Venezia. Meditarono questi gran pezza invano la sua rovina. La sua formidabile eloquenza e sopra tutto la sua integritá stabilito gli avea un tal partito tra i nobili, che, se non per le ricchezze e gli uffizi, pel numero almeno contrabilanciava i potenti ed i ricchi. Volsero quest’ultimi contra me i primi fulmini della loro vendetta. Si cominciò a dire ch’era strana cosa ch’un uomo del mio carattere e de’ miei principi, scrittore d’elegie americane, derisore delle parrucche aristocratiche e del corno del doge, ad onta del senato e de’ suoi decreti, instruire osasse e inspirare i dommi della sua pericolosa dottrina ne’ figlioli d’un uomo, che parea fatto apposta per opporsi al partito de’ grandi, i quali, coll’esclusione del piú gran numero, voleano esser soli a signoreggiare nella repubblica. Mentre ardea contra me questo quasi tacito e coperto foco, si divulgò per l’imprudenza di pochi un sonetto, che il mio zelo pel Pisani, e piú l’amore di patria, cavato m’avea dalla penna in una occasione, in cui gli fu preferito, nel concorso di pubblico importantissimo uffizio, uno de’ piú servili personaggi de’ cosi detti grandi. Ecco, signori veneziani, la vera causa per cui mi bandi la mia patria! «Veritas odiutn pari/», e quello, ch’io dissi, non fu solo vero, ma fu profezia!

Se ’l fosse anco el Pisani un impostor, un prepotente, un ladro, un lecamone, se ’l stasse co le bestie buzarone, col Bafo in man per so legislator; se ’l gavesse anca lu, come ga el sior, cento bardasse al fianco e cento done, perdio, tute ste cosse saria bone per volerlo in Venezia avogador. Ma, perché ’l segue la costituzion, perché noi poi sofrir le prepotenze, i furti, el despotismo e I’oppression; perché schieto el ghe parla a So Celenze e nel mazor Consegio a 1’ Emo e al Tron el ghe dise anco lu le so sentenze,