Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. II, 1918 – BEIC 1797684.djvu/118

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per trarre chi ha fior di senno nel desiderio vivissimo di conoscersi a fondo del nostro idioma, vi chiederò nientedimeno la grazia di poter aggiungere alle cose giá dette le poche parole, con cui pon fine a questa ammirabile lettera. Ma, se alcuno mi domandasse — diss’egli — da qual motivo incitato m’inchino si affettuosamente all’Italia, risponderei altamente:— E a chi dunque dovrei inchinarmi, se non all’augusto e dominante seggio di Febo, al fonte di vaghissime fantasie, alla risvegliatrice del buon gusto e alla madre e nudrice delle scienze e delle arti? — Fin qui il nostro signor Mathias. Non vi sembra, signori, che debba esser cosa altrettanto piacevole che sorprendente il veder a qual eminente grado di gloria è giunto questo uomo celeste, e che assai viva esser debba la gratitudine di tutti i buoni italiani, anzi di tutti gli amanti della sapienza, non solamente per le sue mirabili poesie, che formeranno una nuova epoca nelle storie della nostra letteratura, ma altresi per le sue efficaci premure e fatiche per diffondere, esaltare e render comune all’intero universo il linguaggio e le lettere della mia patria? Anche Milton per veritá, che amava e scriveva con qualche grazia in verso italiano, parve accennare un simile desiderio in una lettera al suo amico Buommattei. Duolsi quell’uomo sapiente che gli italiani non abbiano nel loro idioma quella precisione che agli stranieri è si necessaria; il che, soggiunge egli, se fatto avessero, alla gloria dell’italico sermone avrebbero assai piú provveduto, lasciando precetti ed esempi, come se tornasse a tutti i mortali imparar la scienza di quella lingua. «Et famae suae et Italici sennonis gloriae hai/d paulo certius consul/tissent, si praecepla et exempla ila tradidissent, ac si omnium mortalium referret Italicae Ibiguae scientiam appetere». Cosi il vostro Milton. Ma quanto piú chiaramente non parla il nostro signor Tomaso? Quanto maggior forza non ebbero tra gli eruditi le belle edizioni de’ nostri classici pubblicale da lui, le sue meravigliose poesie toscane e le sue