Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. II, 1918 – BEIC 1797684.djvu/135

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un avvenimento troppo vicino che non è per gloria o per vantaggio de’ miei che cosí ragiono. I! mio grande amore per la nostra favella e pe’ nostri scrittori, e il desiderio onorato di diffondere piú e piú e di stabilire in America le nostre dottrine e le nostre lettere, furono lo sprone principale che mi punse e incitò a stimolar il fratello mio di condur sua figlia seco in America. Ella non era fatta pel teatro, né il teatro per lei. Ma suo destino era di venir appunto in America per tosto tosto lasciarlo, e per apparir invece in un modo degno della sua educazione, de’ suoi parenti e della sua nascita sul gran teatro del mondo. Per chi dunque scrivo le mie osservazioni? Le scrivo per que’ bravi virtuosi che potrebbero un giorno determinarsi di venire in America^, e per quello precipuamente che fu invitato a venirci per mio consiglio, per dar un compagno di merito alla nostra Giulietta. Non si fidino questi nel solo pregio della lor bella voce. — Vox contot — sogliamo dire; e negar non si vuole che la voce non sia un de’ principali requisiti del canto. Se la voce però non è accompagnata da buona musica, fará l’effetto medesimo che far suole un abito del panno piú fino, che, se è mal tagliato dal sarto, faratti ridere. Sará dunque saggio consiglio provvedersi d’una buona dote d’arie e di cosí detti «pezzi concertati», le cui cantilene siano facili, naturali e melodiose, senza esser triviali e volgari. Questi rimangono agevolmente nell’orecchio e nel core di chi gli ascolta, li canticchiano i dilettanti quand’escono dal teatro, i mercadanti di musica gareggiano a pubblicarli; quando son pubblicati, li comprano, li ricantano tanto quelli che ne sanno di canto quanto quelli che non ne sanno; tornano al teatro piú volte per riudirli; e qualche volta due o tre pezzi di questo genere bastano a far che un’opera piaccia, con onor del cantante, con gloria del compositore e, quel che piú importa, con vantaggio vero dell’impresario. Lascino quindi a chi la gode la musica di pretesa, che sforza il cantante a divincolarsi, a boccheggiare, a strozzarsi, per arrivare a quella tal nota, per eseguire quel tal gorgheggio e per far udir la sua voce, ora legata dagli accompagnamenti ed ora coperta ed affogata da una tempesta