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Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. II, 1918 – BEIC 1797684.djvu/21

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momento stesso si picchia la porta: depongo le carte sul tavolino ed esco per vedere chi era. Il figlio del signor G*** C*** e un contestabile, ch’iva in traccia di lui, eran venuti per arrestarlo. Mi parve atto poco generoso il lasciarlo condurre dalla mia casa alle carceri, e, non essendovi altra via di salvarlo, m’offersi di essere guarentia di ottanta scudi ch’egli dovea, e cosí 10 salvai. Ritornando nella mia camera, trovai le mie carte in qualche disordine: siccome però nessuna di quelle esser potea d’alcun uso per lui, cosí non nacquemi allora alcun sospetto; ma, rimettendole con qualche dispetto nel tacuino, l’informai di quello ch’io aveva fatto. Mi ringraziò, promise di pagare gli ottanta scudi e parti. Passarono alcuni mesi, e, come giá dubitava, toccò a me pagare. Gli scrissi; non mi rispose: andai a ritrovarlo. Dopo molte bugie, molte favole e molte ciarle, m’offri, in pagamento di cencinquanta piastre che mi dovea, un cavallo sciancato e un assortimento di nuovi arnesi per la mia sedia, ed io, ricordandomi del proverbio «è meglio poco che niente», in mal punto per me, accettai quel che offriva. Gli diedi piena ricevuta e parti. Appena uscito era dall’osteria, ch’uno de’ figli di quel ladrone entrò con un contestabile e dichiarommi suo prigioniero. La sorpresa e lo sbigottimento non lasciandomi forza di parlare: — Io comperai — soggiunse — dal console inglese una cambiale di cento lire sterline, pagabile da lei al signor Guglielmo Taylor, impresario del teatro italiano di Londra: o Ella mi paghi, o le piaccia fare una passeggiatala col signor contestabile. — Il mio lettore ha di giá capito come andò tutta la faccenda. Nel momento medesimo in cui io mi adoperava per liberarlo dalla prigione e mi esponeva a dover pagare, come di fatto pagai, ottanta scudi per lui, quel traditore frugolò le mie carte e m’involò quella cambiale ch’io aveva prestato sett’anni prima a Guglielmo Taylor a Londra e pagata ad alcuni usurai di quella cittá, mentre quell’impresario era andato a Parigi. Non mi trattenerò lungo tempo su questo orrendo spettacolo d’iniquitá. Il signor Pembel, onorato padrone di quella locanda, e 11 rispettabile mio amico G. Scott, avvocato di Brunswick,